14 Dicembre
14 Dicembre: affrontiamo le nostre paure.
Oggi affronto un tema un pò scomodo,
di quelli di cui non si parla mai: la paura.
Ognuno di noi ha le sue paure e tra l'altro
se non ci fossero state le paure ci saremmo
estinti da tempo.
Quando le paure non vengono affrontate,
riconosciute ed in un certo modo accettate,
queste possono generare ansia e stress.
Dal mondo di oggi sono bandite paure,
ansia e stress (che è una conseguenza dell'ansia).
Persino nei colloqui di lavoro viene richiesto come
requisito fondamentale qualcosa di profondamente
innaturale: “capacità di gestire alti livelli di stress”.
Eppure c'è chi aspira a tali posizioni lavorative,
drogato da aspettative di carriera e di guadagni.
Viviamo in un mondo in cui alleniamo i figli alle
competizioni, li riempiamo di impegni senza
renderci conto del livello di stress a cui li
sottoponiamo.
E se in un adulto la normale evoluzione della
“gestione dello stress” porta a stati depressivo-aggressivi,
in una giovane mente tutto questo genera uno stato
di annientamento della personalità e disistima.
Le neuroscienze hanno dimostrato che il
meccanismo che sta alla base di questi problemi
risiede proprio nella competizione
che separa anziché unire.
Prendere la strada della competizione equivale
ad andare in direzione diametralmente opposta
a quella del sentirsi parte di una totalità molto
più ampia di quella di un team di lavoro o di
una squadra di calcio.
Praticamente ognuno di noi è solo a gestire
una vita frenetica, fatta di tanti impegni che ci
sopraffanno facendoci sentire sempre indietro,
sempre in affanno.
Questo induce ansia e, alla lunga, depressione.
È ormai accertato che il nostro microbioma viene
messo a dura prova dall'ansia, che cambia il PH
del nostro sistema digerente causando una strage
di batteri “amici”.
E la depressione è una conseguenza di queste
carenze che inibiscono la produzione di determinate
sostanze o ormoni.
Ma allora come possiamo affrontare le nostre paure?
Innanzitutto mettendo da parte le ambizioni e valutando
le nostre reali capacità.
L'ambizione, che in America è considerata una
qualità è un generatore di ansia che alla lunga
induce frustrazione perché non si riesce mai ad
essere contenti di quanto ottenuto che già ci si è
prefissati un nuovo obiettivo da raggiungere.
Tecnicamente si parla di stress cronico quando
non si è capaci di vivere al presente, quando
ogni nostra azione nasce in risposta al passato
o in relazione al futuro.
In America, sempre perché le assicurazioni non
riescono più a coprire i costi dei malati di depressione
in costante aumento, soprattutto tra i giovani,
si è investito molto sulla ricerca potenziata dalle
neuroscienze per studiare una via d'uscita da
questa epidemia globale.
Una delle maggiori esperte in fatto di stress si
chiama Elissa Epel. Fatevi un giro sul suo sito o
leggete qualche suo libro se vi incuriosisce.
Elisa Epel assieme ad una collega Elizabeth Blackburn,
insignita del Nobel in biologia, hanno portato avanti
una ricerca dimostrando che le nostre cellule
ascoltano e sono influenzate dai nostri pensieri.
Quindi è il modo in cui rispondiamo allo stress che
fa la differenza.
Sembra che il modo più adatto sia quello di pensare
prima agli altri e poi a sé stessi,
per quanto strano questo possa sembrare.
Mi viene in mente la saggezza napoletana nel
polverizzare lo stress conducendo la vita ai propri ritmi.
Ricordo il consiglio di un'amica di Napoli che,
dopo aver saputo della mia patologia oncologica,
mi suggerì:” Fai come si dice a Napule…non je dà udienza !”
E quello fu uno dei consigli più preziosi che abbia mai seguito.
Evitare i ruminamenti mentali è la chiave per dare
la giusta dimensione alle nostre esistenze.
Abbiamo noi il potere di decidere di cosa preoccuparci
o meno. Ricordiamocelo più spesso e vivremo meglio.
Buona giornata!
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