Nove anni

9 anni sono trascorsi dal primo giorno di scuola della mia figlia maggiore.

Ricordo la sua felicità, la sua eccitazione, le sue aspettative di imparare tante cose nuove, di conquistare l'autonomia nell'imparare a leggere, a scrivere e a far di conto e la sua voglia di conoscere nuovi compagni di classe.

Non erano trascorse nemmeno due settimane che vidi appassire pian piano il suo innato entusiasmo: il suo sguardo era spento, la sua autostima era sotto i piedi. Ricordo che un giorno mi chiese perché le avessi detto che avrebbe imparato tante cose nuove alle elementari. Mi raccontò di ore interminabili e noiose, piene di urla delle maestre di turno e dei compagni indisciplinati, delle vessazioni delle compagne cui piaceva comandare su tutto e su tutti. Delle ingiustizie gratuite che le maestre facevano finta di non vedere e che, se gliele facevi notare, ti minacciavano di asocialità. Le spiegai di cercare di essere più comprensiva, di dare una seconda possibilità e di trattare sempre tutti con gentilezza e rispetto, come lei sapeva fare da tempo.

Venne un giorno, a metà del secondo anno, in cui in lacrime, all'ingresso di scuola, mi chiese di non entrare a scuola.

Passammo interi pomeriggi a parlare.

Cercai di capire, la ascoltai a lungo. Scoprii che c'era una bambina che  bullizzava lei e una folto gruppo di compagne. Questa ragazzina, una povera sbruffoncella dai modi poco ortodossi che si credeva simpatica, era definita "la leader della classe " dalle maestre, il ché la diceva lunga sulle loro competenze professionali.

Cercai assieme a mia figlia il modo di denunciare la cosa in modo elegante alle maestre prima e alla preside poi.

Ne uscì un quadro sconsolante della scuola italiana. Ci venne detto che nostra figlia era troppo timida e introversa e che quello che accadeva in classe era niente rispetto a ciò che avveniva in altre sezioni della stessa scuola.

Provammo a parlare coi genitori della teppistella e fu scontro aperto: non erano cose da discutere tra genitori, le ragazze dovevano sbrigarsela da sole.

Pensai di cambiarle scuola, ma poi la feci proseguire per tutte le elementari.

La situazione non cambiò, anzi… fu sempre peggio. Però mia figlia aveva imparato a non farsi influenzare dalle maestre e dalle compagne e a farsi rispettare dalla "bimba leader" a cui non cedeva e a cui non la dava mai vinta.

Imparammo tutti noi in quegli anni che la preside non voleva fastidiose noie e rimandava per questo al mittente ogni lamentela proveniente da persone civili, che pensavano che la scuola contribuisse all'educazione al comportamento civile, ma così non era.

Mia figlia proseguì nella stessa scuola anche alle medie, il suo carattere continuò a rafforzarsi in un ambiente a lei ostile, ma quello che non le mancò mai fu un dialogo continuo, aperto e costruttivo con noi genitori. In varie situazioni mi stupii della capacità di ragionamento autonomo che aveva sviluppato, della sua personalità che si faceva strada e che riusciva a far fronte ad ogni tentativo di manipolazione delle professoresse ostili che trovò sulla sua strada. Stesso copione delle elementari, stessa preside: un fallimento totale.

Nel frattempo la nostra figlia minore arriva alle elementari e noi genitori decidiamo di dare una seconda possibilità a questa scuola mediocre.

Stesso copione, stessa preside: altro fallimento. 

Tra qualche giorno si concluderà questo ennesimo anno scolastico fatto di iniziative penose e gestito da docenti incapaci che, soggetti alle ire di una preside che non sa più contenere i fallimenti, iniziano pure a minacciare gli alunni se non partecipano a queste attività di "socializzazione".

Forse sarebbe stata meglio una scuola di nozionismo puro senza alcun aspetto educativo, visto che anche dal punto di vista della preparazione didattica raggiunta ci sarebbe molto da dire.

Un giorno, una maestra di inglese delle elementari rispose seccata alla mia figlia maggiore che le faceva notare che da due anni non facevano che ripetere i colori in inglese: " Embè? Alle medie rifarai tutto daccapo!".

La mia figlia più piccola ha iniziato il "conto alla rovescia verso la libertà", così lo definisce lei. Si, perchè il prossimo anno alle medie andrà in un'altra scuola e anche quest'anno, nel periodo estivo, ci metteremo a studiare per colmare tutti i buchi di un programma didattico che è stato portato avanti con superficialità e grande scelleratezza.

Intanto per ora la figlia maggiore conclude il primo anno di superiori egregiamente, integrata col "gruppo classe" come tutti i docenti amano dire ma soprattutto felice di apprendere cose nuove. 

Fin dal primo colloquio con i nuovi insegnanti, tutti ci hanno fatto notare la preparazione e l'entusiasmo di nostra figlia.

Noi genitori ringraziamo questi docenti che sanno lavorare con la classe e tra di loro perchè ci hanno restituito la speranza in una categoria che credevamo a rischio estinzione: la categoria di chi fa il proprio lavoro con professionalità, pazienza e passione.

Per tutto quello che ho visto nella scuola pubblica in questi anni non mi stupisco della deriva del sistema scolastico attuale.

Questo perché i genitori pensano che il loro unico compito sia stato quello di mettere al mondo i propri figli.

Questo perché gli insegnanti non si vogliono più esporre a critiche o creare problemi a dirigenti incapaci.

Questo perché la parola d'ordine all'interno delle strutture didattiche del primo ciclo è socializzazione, punto.

A scuola esisti solo in funzione di quanto dimostri ad occhi inesperti di saper socializzare,  ovvero di uniformarti alle idee degli altri.

Se hai una tua personalità, delle tue idee, se sei educato e rispettoso ecco che vieni targato come asociale.

Ho assistito a più musical, concerti, danze circensi o altro in questi 9 anni del primo ciclo scolastico che in tutto il resto della mia vita e in nessuna di queste ho colto il minimo entusiasmo nei bambini e ragazzi coinvolti: solo tanta tanta noia nello scimmiottare comportamenti imposti!

Noia perchè nessuno in questi 9 anni è riuscito a capire, a conoscere veramente neanche uno dei ragazzi che sono passati per quelle squallide aule.

Perché ascoltare non va più di moda.

L'intera società dovrebbe riflettere sulla deriva di un sistema famiglia-scuola che ha perso la bussola da tempo oltre ai fondi destinati ad un reale miglioramento del settore.

Forse i banchi con le ruote servivano a cercare una nuova direzione…. E nessuno lo aveva capito! Chissà!



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