Educare vs Istruire

Insegnare deriva dal verbo latino insignire, ovvero  incidere, lasciare un segno nella mente dell'interlocutore in merito alla spiegazione di un concetto.
Educare deriva dal verbo latino educere, ovvero tirar fuori le naturali inclinazioni di una persona. Il termine educazione si colora di ben tre accezioni: morale, sociale e intellettuale. 
Compito dei genitori è quello di educare i propri figli amorevolmente, facendoli sentire -a qualsiasi età-  in un porto sicuro dalle intemperie della fragile esistenza umana ma soprattutto dal "giudizio" genitoriale.
I genitori hanno un compito importantissimo, che non può essere delegato a terzi, soprattutto nei primi 3 anni di vita dei figli.
L'uomo apprende per imitazione e per questo, le parole di Ignazio di Antiochia in merito all'educazione  acquistano un significato profondo:
" Si educa con ciò che si dice, più ancora con ciò che si fa, e ancor di più con ciò che si è." 
In questo contesto  ecco che l'esempio comportamentale dei genitori è fondamentale per plasmare la personalità dei figli e il modo in cui si relazionano con gli altri.
Un cucciolo di uomo che cresce in un ambiente in cui ci si ama e ci si rispetta crescerà pertanto con un' attitudine empatica verso gli altri. Ciò non potrà dirsi di chi non ha visto mai attorno a sè altro che esempi di aggressività, malumore, tendenza a lamentarsi, a giudicare e a sottomettere gli altri.
Quando i cuccioli d'uomo arrivano a scuola sono in parte già forgiati dell'educazione che hanno respirato in famiglia. E allora cosa ci si aspetta dalla scuola?
Il ministero preposto all'organizzazione del sistema scolastico si chiama Ministero della Pubblica Istruzione, forse proprio perché dalla scuola ci si aspetta di ricevere un'istruzione.
A conferma poi del fatto che i nomi delle istituzioni non vengono mai scelti a caso, è interessante notare che ai tempi del fascismo il Ministero dell'istruzione venne ribattezzato col nome di Ministero dell'educazione, forse proprio per sottolineare che quell'esercito di di bambini apparteneva alla Patria e non più alla famiglia e che pertanto andava educato dallo Stato al rispetto delle regole, ossia andava"addomesticato" al fascismo. Non a caso addomesticare la troviamo tra le accezioni del termine educare, anche  se va riferito agli animali.
Ricordate la volpe de Il piccolo principe, che aveva paura di essere addomesticata dal padroncino così da non poterne più fare a meno e soffrire se lui si fosse allontanato? (leggete qui per approfondire)
Si può discutere all'infinito se la scuola abbia solo il ruolo di istruire o anche quello di educare, perché il confine tra l'eccezione dell'uno si perde dove inizia l'altro. 
Separare le due finalità della scuola è un po' come staccare la sabbia del bagnasciuga dall'acqua dei flutti marini che l'accarezzano.
Secondo me la scuola ha lo scopo primario di istruire, ovvero di lasciare vivi nella memoria dell'alunno di turno passioni, sentimenti, concetti relativi al mondo letterario, filosofico, artistico e scientifico.
Le aule di scuola non sono però asettiche, ma piene di altri esseri umani, con cui si instaurano relazioni più o meno amichevoli. Quindi la scuola è anche un banco di prova per la socialità con gli altri.
In questo ambito l'insegnante dovrebbe avere l'empatia e la capacità di intercettare comportamenti poco rispettosi che si verificano tra gli alunni e risolverli in modo esemplare in modo da tentare di "educare" al rispetto degli altri e non all'odio reciproco o, ancor peggio, all'indifferenza e alla minimizzazione di quanto accaduto.
Purtroppo gli esempi di insegnamento scolastico cui si assiste sono sempre più vicini all'etimologia del termine istruire: si pensa spesso a rilasciare informazioni teoriche isolate, talvolta con la stessa disinvoltura con cui si buttano pezzi di verdura in pentola per fare un minestrone.
Questo perché spesso,  dal lato genitoriale, non si accettano sui propri figli commenti che non siano strettamente inerenti i programmi ministeriali, generando scontri tra personale scolastico  e genitori e lotte di potere all'interno del sistema scuola.
Con due figlie che hanno iniziato a frequentare il nido all'età di 6 e 8 mesi, in tanti anni di scuola privata e pubblica ho visto alternarsi una miriade di insegnanti, più o meno competenti e dalle caratteristiche più diverse. Potrei passare ore a parlare dei vari profili incontrati, quali ad esempio:
-l'insegnante super materna, che coccola gli allievi sostituendosi ai compagni di gioco fino a dimenticare il suo ruolo di istruttrice;
-l'educatrice super attenta, che alla prima defaillance dello studente di turno, chiede il sostegno in nome di un deficit cognitivo da investigare;
-l'insegnante annoiata, nervosa e scontrosa che fa il suo dovere quasi con rabbia e che si lamenta sempre della classe perché nota solo quello che non va;
-l'insegnante manipolatore, che vuole convincere delle proprie impressioni i diretti interessati;
-la docente visionaria, empatica e attenta, che trasforma le lezioni in un'esperienza plurisensoriale, trascinando con sé quasi tutta l'audience, che stravede per lei.
Come tutte le istituzioni, anche quella scolastica è fatta di persone e grazie proprio alle persone che fanno la differenza si può sperare in un mondo migliore per i nostri giovani e quindi per il futuro dell'umanità.
Per dirla come Plutarco: " la mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere". Sarò una sciocca idealista, ma mi piace pensare ad un'idea di scuola come quella di Atene dei tempi migliori: la scuola come palestra per la mente, come luogo dove la dialettica alunno-docente non è vista come una insubordinazione ma come un arricchimento multilaterale. 
A molti sarà capitato di vedere il film "L'attimo fuggente". 
Ricordo ancora la forte emozione che provai quando lo vidi per la prima volta: un brivido mi percorse la schiena era la conferma che docenti come il professore John Keating esistono o possono esistere prima di essere fagocitati dal sistema scuola.
Ancora oggi sono convinta che questi insegnanti preziosi ci sono e continuano a fare il loro lavoro con passione e dedizione senza aspettarsi alcun ritorno economico perché sono strapagati dal profondo rispetto e venerazione che i loro studenti provano per loro. 
Nel mondo di oggi però, per dirla alla maniera di Confucio,  "fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce" e si parla solo dei ragazzi che abbandonano gli studi, dei ragazzi che aggrediscono i compagni o gli insegnanti, dei ragazzi che spacciano droga nelle scuole e così via. 
Nella mia carriera di studente, ho avuto la grande fortuna di incontrare, a diversi livelli, dei docenti che mi hanno fatto sognare come John Keating.  Porto ancora il loro ricordo nel mio cuore e nella mia testa. Più volte poi, nella vita ho avuto l'opportunità di mettere in pratica i loro insegnamenti ed è stata per me una grande occasione di crescita.
Non mi aspetto quindi che la scuola dia ai miei figli i valori in cui credere, che insegni loro il rispetto per gli altri e la fiducia in se stessi: questo è frutto di un lavoro certosino fatto dalla famiglia giorno per giorno, come una goccia che scava  nella roccia. 
La scuola dovrebbe invece aiutare il pensiero dialettico, arricchire le conoscenze in modo critico, ma senza uniformare il modo di pensare.
"Prendete la vostra vita e fatene un capolavoro!" : questo è solo questo dovrebbe essere l'insegnamento comune della scuola e della famiglia.

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